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PRESENTAZIONE
di Enzo Santese
LA DIAGONALE DI FRANCO ROSSO di Sergio Dalla
Val I
DIASEGNI DI FRANCO ROSSO di Giulio Montenero CIRCOLARITA'
TRA ARTE E VITA di Sergio Molesi |
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L'esigenza primaria di un artista è di esprimere il proprio mondo
interiore affidandolo al valore emblematico di segni che ne rappresentino
l'essenza. Franco Rosso attiva da tempo quel circuito di comunicazione
intensa non solo tra sé e i lettori della sua opera ma, prima
ancora, fra lo specifico della professione di grafico pubblicitario
e la pittura. Agli inizi del suo itinerario artistico, il percorso prende
le mosse da una preferenza accordata all'espressione diretta e istintiva,
in una logica cromatica sempre connessa alla materia costitutiva dell'impasto
e all'astrazione dai canoni di riconoscibilità. Poi, la spinta
creativa è governata dall'esigenza di ingabbiare lo spazio dentro
un ordine razionale, che traduce sul piano dipinto uno slancio costruttivo
mediante bande di colore o minimi accenni ondulari, atti generare situazioni
di dinamismo variabile all'interno del quadro. Indubbiamente sull'ispirazione
di Franco Rosso incide la seduzione e l'influenza derivata dal costruttivismo
di Malevic; ma questa è realtà depositata sul fondo della
memoria culturale, in cui si sono prepotentemente innestati scatti molteplici
verso la conquista di un'idea di superficie, dove si confrontano l'asettica
monocromia di alcune parti dell'opera e il sintetico geometrismo di
altre. Come gli interventi pubblicitari sono sintonizzati sulla frequenza
di un'immediatezza percettiva da parte del fruitore, così le
opere di questa rassegna, poggiando su un armamentario segnaletico minimo,
si fanno sensori capaci di catalizzare lo sguardo su inizi di percorsi
labirintici che, da quadro a quadro, funzionano in sequenza, pur mantenendo
ogni opera una sua assoluta autonomia significante. In questo senso
l'allestimento, comunque si disponga, risponde a una logica diagrammatica,
in cui ciascun tassello dipinto diventa scrittura generata dalla rappresentazione
grafica di un'idea, ridotta con tensione minimalista a dato della geometria
elementare che, in combinazione con altri, forma corsie di scorrimento
parallelo, tracce diagonali, dove i colori puri danno vita a relazioni
intessute nello spazio fisico, per raggiungere ambiti puramente mentali
e impalpabili nelle loro aderenze alla fisicità. E l'elemento
base modulare (la linea diagonale o, comunque, obliqua) reiterandosi
nello schermo visivo, produce quel senso di spaesamento che è
anche la miccia per un innesco percettivo, piattaforma di decollo per
un'avventura fantastica. Il tutto dentro un ambito progettuale preciso,
che programma il punto d'avvio ma lascia integra la sorpresa ad opera
finita, con la complicità di un intervento cromatico che in molti
casi amplifica la spazialità oltre i limiti reali del quadro.
Enzo Santese
marzo 2006
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LA DIAGONALE DI FRANCO ROSSO
Questo artista, nato a Udine e triestino d'adozione,
è lontano da provincialismi e nazionalismi perché i suoi acrilici, serigrafie
e pastelli testimoniano d'un itinerario che procede dalla combinazione
di vari elementi della cultura e dell'arte europea.
Nessun fascino mitteleuropeo, nessuna euforia del Nord,est in questa
galleria dell'infinito. Qui la divisione tra oriente e occidente non
è spaziale, è il tempo dell'invenzione e dell'arte: echi di una ricerca
sull'espressionismo e sull'informale europeo e americano si mantengono
nel contrasto delle superfici e nell'assolutezza del colore, che però
si dispongono secondo un ordine di scansioni e di sequenze che segue
le annotazioni dell'astrattismo, in particolare suprematismo e costruttivismo,
di provenienza russa.
L'arte di Franco Rosso avvia una dissipazione dell'ortodossia e della
morale gnostica.
La geometria fonda il rapporto sociale, la genealogia delle forme simboliche?
E questionata semmai dall'obliquità, dalla sproporzione, per cui la
figura non ammette il sistema. L'astrazione partecipa all'iconoclastia
o alla purificazione? E virtù del punto che non si spazializza, dell'assoluto
che è condizione del dispositivo: se le cose fossero sottoposte a visione
e a rappresentazione, se fossero spaziali, come potrebbero trovare un
ritmo?
Insistono in queste opere l'angolo, la diagonale, la corda. Figure del
due e del tre, dell'apertura e dello spalancamento, della relazione
e dell'itinerario nella parola. La linea lascia il posto alla banda,
modo dell'ironia, dell'apertura senza più spartizione tra dentro e fuori,
legame senza unità né coincidentia oppositorum che consentirebbero quadrature
e circolarità. Linee parallele? Anche qui la diagonale accentua il rilievo
e porta a altre combinazioni: come la diagonale irrapportabile al lato
del quadrato, che incrinò l'ipotesi pitagorica dell'armonia universale,
come il clinamen di Lucrezio, che comportava la combinazione degli atomi.
La diagonale, materia della relazione, diventa materia dell'opera di
Franco Rosso, artista grafico e industriale. Arte diagrammatica la sua,
cioè arte la cui grafica, la cui scrittura procede dal diagramma, dal
disegno, dalla diagonale, dall'altolbasso, per giungere all'industria,
alla struttura materiale, senza bisogno di contenere catastrofi o ricomporre
contraddizioni. Arte grafica e industriale, materia delle cose che,
procedendo dal disegno, si fanno e facendosi si scrivono, fino alla
qualità.
Sergio Dalla Val
gennaio 2001 |
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I DIASEGNI DI FRANCO ROSSO
I diasegni di Franco Rosso. Li chiamo così poichè
essi sono segni che attraversano altri segni. Questi ultimi sono bianchi,
materialmente inesistenti, allusi dal segno nero. Il diasegno è la rappresentazione
del limite fra i codici del passato - mettiamo: suprematismo, costruttivismo
, De Stjjl - e il significato attuale di tali citazioni. Le citazioni:
Mondrian, Lissitzky, Vasarely; o, se vogliamo restare in casa: Alviani,
Saffaro, Zajec.
Questa è l'arte "altra". Cioè è l'arte che subisce l'accusa
dell'intellettualismo. Coloro che muovono l'accusa non sanno che l'intelletto
è un passaggio logico onde arrivare alla ragione.
Intellettualismo morto è invece quello della stilizzazione: il bel disegno,
il quadro eseguito da maestro, il vicolo cieco che porta ad un estraneamento
dalla fisicità empirica, anche quando essa viene raffigurata nei modi
del puntuale verismo illusionistico. I diasegni di Franco Rosso
lasciano invece aperto il problema della realtà. Non c'è alcun disegno
definitivo. Ogni diasegno è uno strumento conoscitivo che permette
di immaginare fisicamente ciò che per ora è noto soltanto intellettualmente.
Il limite storico e diacronico è reale in quanto coincide con il limite
linguisitico e sincronico. Al di qua c'è l'elegante quadro in bianconero,
il bel disegno a china nera su carta bianca, l'esercitazione di geometria
descrittiva impossibile, il riquadro dove le linee hanno uno spessore
finto e vengono collocate in modo tale da definire le leggi di proporzionamento
armonico delle superfici. Al di là c'è la figura bianca che genera ambiguità
percettiva rispetto a quella nera, c'è l'asimmetria, il riquadro storto,
c'è l'infinito matematico. Facciamo un esempio: un ventaglio di rette
attraversa un rettangolo; l'insieme delle oblique suggerisce un rotazione;
quando la rotazione porterà la retta sopra il rettangolo, il punto dell'intersezione
sarà all'infinito. Analogamente nella successione di archi paralleli
la curvatura progressivamente decrescente verso il basso, in conseguenza
della maggior lunghezza dell'invisibile raggio, trasformerà l'arco in
segmento, quando il centro sarà all'infinito. In tutti i casi il bianco,
inteso sia come non segnato sia come non disegnabile, ossia il diasegnato
e il diadisegnato, ha un quoziente semantico maggiore del nero.
Ed è questa per Franco Rosso la ragione, in senso razionalista e non
intelletualista, del disegnare.
Giulio Montenero |
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CIRCOLARITA' TRA ARTE E VITA
L'esperienza artistica di
Franco Rosso è, qui a Trieste, un esempio estremamente significativo
di come l'arte e la vita formino, in chi è sincero soprattutto con se
stesso, una unità inscindibile, i cui elementi interagiscono continuamente
tra di loro. E questo avviene proprio con un tipo di arte che si riterrebbe,
però a torto, la più lontana dalla realtà: cioè quell'arte astratto
geometrica che Gillo Dorfles opportunamente chiamò concreta. Franco
Rosso ha cominciato .a dipingere quasi contemporaneamente all'inizio
di una intelligente attività nel settore
della grafica pubblicitaria.
Dapprima arte e professione si presentarono vistosamente divergenti.
L'esperienza pittorica ora di tipo espressionistica quasi alla De Koonig,
con un colorismo acceso ed una gestualità, che, seppur violenta, si
organizzava però in vigorosi segni ordinatori. L'arte quindi doveva
essere sentimento e il mestiere ragione. L'equivoco durò pochissimo,
perché Franco Rosso si rese subito conto che quelle stesse forme rigorose
che egli usava intelligentemente nella pratica professionale erano portatrici
di una valenza estetica che si poteva approfondire di per sè come ricerca
autonoma. Il risultato poi di tale operazione sarebbe rifluito nuovamente
nel concreto dell'attività professionale in un continuo rimando tra
ricerca e applicazione, in un processo dei tutto paragonabile a quello
che intercorre tra la scienza e la tecnica, tra il pensare e l'agire.
Franco Rosso scoprì allora tutta la tradizione nazionalista della civiltà
occidentale che rimonta fino agli antichi egizi e dei costruttivisti
russi apprezzò il giusto rapporto tra arte e società, mentre la geometria
fu vista come un fatto di tensione visiva che porta ad una attivazione
della percezione. Si tratta di dipinti estremamente castigati che sono
la visualizzazione di un processo mentale che si attua, solo nel bianco
e nero, sulla retta e sull'obliqua. Recentemente l'artista ha impostato
una ricerca tridimensionale dapprima intellettualisticamente descritta
dalle contornature nere di bande bianche su bianco e poi semplicemente
allusa dalla dislocazione stessa delle bande nere. Tutti i quadri di
Rosso, al di là dei tipo di ricerca visiva che in essi è contenuta,
costituiscono una ideale serie cronologica, quali stazioni di un personale
processo di appropriazione percettiva dei reale che egli, alternativamente
applica all'esperienza professionale e da essa desume, in quella circolarità
ininterrotta tra arte e vita che è stata propugnata dai costruttivisti
russi e dal Bauhaus, e che Franco Rosso
fa sua in modo autonomo
e personale.
Sergio Molesi |
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